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Inflazione e tassi di interesse. Quale connessione?

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Come abbiamo già ampiamente scritto in un’altra newsletter, in seguito alla crisi energetica e alla guerra, l’inflazione è schizzata alle stelle e ha toccato il livello più alto di sempre a ottobre 2022 da quando esiste l’euro.
Prima di vedere cosa c’entrano i tassi di interesse con l’inflazione è bene capire cosa si intende con essa e cosa comporta.

L’inflazione: nozioni generali

Partiamo col dire che l’inflazione è un fenomeno macroeconomico con il quale si indica un aumento generalizzato dei prezzi di beni e servizi.
Tale aumento porta, a parità di stipendi, a ridurre il potere di acquisto delle famiglie. Se pensiamo alla vita di tutti i giorni lo possiamo riscontrare semplicemente guardando al carrello della spesa. I prezzi di tutti i beni acquistabili al supermercato sono aumentati se prima riempivamo il carrello con 100€ ora ce ne servono 120.

L’inflazione divora i nostri risparmi?

I risparmi lasciati liquidi sul conto corrente sono quelli maggiormente intaccati dall’effetto inflazionistico. Come abbiamo detto poc’anzi l’inflazione riduce il nostro potere d’acquisto diminuendo il valore reale del nostro denaro.

Facciamo un esempio concreto: nel gennaio del 2014 abbiamo vinto 10.000€ e abbiamo deciso di accantonarli su un nostro conto corrente imponendoci di non toccarli più almeno fino ad oggi.
Quanto valgono oggi? Calcoliamolo!

Dal 2014 ad oggi (9 anni) si è registrato un tasso di inflazione medio pari all’1,37%

10.000/(1+1,37/100)^9= 8.850€

I nostri 10.000€ oggi equivalgono a 8.850€ di allora.
In 9 anni hanno perso circa il 12% del loro valore!

E se avessimo versato la stessa cifra su Fondapi?

Nel 2014 abbiamo versato i 10.000€ sul comparto Prudente di Fondapi. Abbiamo così acquistato 687,24 quote (10.000€/14,551€-il valore quota di gennaio ’14).

Le nostre 687,24 quote attualmente valgono 19,230€ l’una e hanno, quindi, un controvalore odierno di 13.215€

Il valore reale, al netto dell’inflazione, è però più basso. Per calcolarlo applichiamo la stessa formula di prima:

13.215/(1+1,37/100)^9= 11.694€

11.694€ al netto dell’inflazione.
Ovvero circa il 17% in più del loro valore nel 2014.

Nel calcolo, per semplicità non abbiamo inserito i costi amministrativi e le imposte di bollo del conto corrente così come non abbiamo inserito i costi di gestione e amministrativi di Fondapi.

Il Fondo pensione non serve solo a contrastare l’inflazione

Decidendo di aderire a Fondapi non solo mettiamo al sicuro i nostri risparmi dall’inflazione. Beneficiamo anche di tutta una serie di vantaggi esclusivi come il:

  • Contributo aggiuntivo del datore di lavoro.
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  • Deduzione fiscale fino a 5.164€/anno che permette di risparmiare sulle tasse (IRPEF)
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  • Tasse più basse in fase di liquidazione del TFR e dei contributi versati a Fondapi

L’inflazione è solo un fatto negativo?

No! L’inflazione entro certi limiti e livelli contenuti è un indicatore di un’economia sana e dinamica. Addirittura, se scende sotto una certa soglia spesso si interpreta come segnale che indica una possibile recessione. La BCE (Banca Centrale Europea) ritiene, per esempio, che l’inflazione debba attestarsi attorno il 2% annuo.

Quale connessione tra tassi di interesse e inflazione?

Semplificando, si può dire che il tasso di interesse rappresenta il costo del denaro preso in prestito.

Se si chiede un prestito da 100€ da restituire in 10 rate mensili da 11€ sborserete in tutto 110€. 10€, la differenza tra quanto avete chiesto e quanto avete restituito rappresenta proprio il costo del prestito concesso a voi dall’istituto di credito.

Più il tasso di interesse (costo del denaro) è basso più le persone sono invogliate a prendere soldi in prestito e, conseguentemente, aumenta il livello del denaro circolante nell’economia. L’aumento del denaro circolante è una delle cause che portano all’innalzamento dell’inflazione e all’aumento dei consumi. La politica di tassi a zero presa dalle banche centrali dopo il Covid per dare uno stimolo ai consumi e scongiurare una recessione ne è un esempio.
Con l’aumento dei costi delle materie prime l’inflazione è aumentata a dismisura e a questo punto le banche centrali sono dovute intervenire alzando i tassi di interesse per cercare di ridurre i consumi e il galoppare dell’inflazione.

L’operazione consiste nel rallentare la spesa per consumi e incoraggiare il risparmio verso investimenti in obbligazioni.
L’effetto conseguente è una riduzione della domanda di beni e servizi che induce le aziende a rallentare l’aggiornamento dei prezzi anche in presenza di inflazione.

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